Stimolare corpo e conoscenza in... diecimila passi

Scritto da Paolo Ferrario il 28-06-2010

Che camminare faccia bene alla salute sono in molti a dirlo e a saperlo. Non è invece usuale l’idea che a questa azione si possano associare processi di conoscenza e cultura adatti per i tempi lenti della pre-vecchiaia e della vecchiaia. E’ quello che faremo in questo articolo.
Il nostro sistema cardiovascolare, composto dal cuore e dai vasi sanguigni, lavora senza interruzioni da quando siamo in vita. La conseguenza è nota: la principale causa di morte nelle società contemporanee è dovuta alle malattie cardiache e le patologie gravi vanno diagnosticate e monitorate con attenzione dai servizi sanitari. Tuttavia, c’è qualcosa che tutti coloro che si avventurano nelle ultime e tendenzialmente sempre più lunghe fasi della vita possono fare a costi ridottissimi: adottare comportamenti che riducono i fattori di rischio che incidono su questi formidabili e servizievoli apparati.
Secondo la medicina, si può proteggere il sistema cardiaco attraverso tre modalità: 1. utilizzando con oculatezza integratori alimentari che stimolano il corpo a produrre molecole che migliorano il flusso sanguigno; 2. scegliendo un’alimentazione che svolge le stesse funzioni; 3. facendo un costante esercizio fisico.
Purtroppo, con l’aumento dell’età, la maggior parte delle persone tende a diventare più sedentaria e a curare meno la propria dieta. Invece occorre decidere di occuparsi attivamente di questo problema: tutto ciò di cui abbiamo bisogno è prendere l’impegno di allenarci regolarmente a un livello moderato. Occorre individuare attività che spingono a respirare profondamente e continuamente per almeno venti minuti, usando i maggiori gruppi muscolari. Per fare questo, possiamo scegliere fra varie opportunità: praticare uno sport, nuotare, andare in bicicletta, fare giardinaggio, ballare, e così via. Ma fra tutte la più semplice, la più spontanea, la più conosciuta, la più inscritta nella nostra storia bioculturale è quella di camminare.
l’antropologo Leroi-Gourhan ci ha insegnato che la specie umana inizia con la stazione eretta e dunque ha “inizio con i piedi”. Ce lo dice con estrema precisione anche il linguaggio: nascendo diciamo che “il cammino è iniziato”. Uscendo di scena diciamo che “la strada si è avviata al suo naturale tramonto”.
l’atto del camminare è un’esperienza che tende a cambiarci, perché ci rende più inclini a godere del nostro tempo e a non sottometterci alla fretta che governa l’attuale vita sociale.
Per rendere più attraente la gestualità del camminare, abbiamo bisogno di allargare il campo dei nostri pensieri, di dare più spessore culturale e di caricare di significati queste azioni.
Possiamo attingere alla tradizione religiosa, laddove il salmo 31 dice: “Io ti darò intelligenza e ti insegnerò la via, per cui tu hai da camminare”. Chi non possiede la fede può arrivare rapidamente a Johann Wolfgang Goethe e riflettere sulle sue parole: “Risali, con passo ansimante, la strada su per il monte… prima che esso sprofondi, prima che vecchio mi colga la nebbia della palude”. Chi riflette sul ciclo della vita non può che sentire del tutto suo il celebre incipit della Divina Commedia: “Nel mezzo del cammin di nostra vita …”.
La cultura ci propone anche filosofi camminatori, come Jean Jacques Rousseau che, sul finire della vita, faceva del camminare un’esperienza di libertà, una fonte inesauribile di osservazioni e di fantasie, una occasione di incontri inattesi. La letteratura ci propone quello che per noi oggi diventa sempre più difficile e cioè il camminare nei luoghi selvaggi. Nel 1845 David Thoreau se ne andò via a piedi dalla sua città e si inoltrò nella foresta attorno a un lago e lì rimase per più di due anni in assoluto isolamento e in uno stato di grazia straordinario. Il frutto letterario di quell’esperienza fu il libro Walden, ovvero la vita nei boschi. Per lui passeggiare era una necessità impellente quanto il dormire. Sceglieva luoghi difficili da percorrere, poiché riteneva che “vi sia nella natura un sottile magnetismo, che ci indicherà la strada giusta se ci affidiamo ad esso senza pensare”. Nel tempo presente, la personalità che più si avvicina a questa concezione è Mauro Corona, che ci racconta la cultura dei luoghi della montagna.
Oggi la vita nelle città non ci consente, se non in tempi di vacanza, esperienze di questo tipo. Ma non per questo dobbiamo rinunciarci, perché anche qui abbiamo tantissime possibilità, purché facciamo lavorare la nostra immaginazione e spirito di attenzione.
Si può fare una cosa molto semplice e poco costosa: quella di contare i passi. Dieci minuti di camminata equivalgono a 1.200 passi circa. A un’andatura abbastanza sostenuta in due ore si fanno 10.000 passi. E questa è proprio la soglia: i cardiologi ci dicono che 10.000 passi al giorno forniscono un elevatissimo contributo alla protezione del nostro cuore.
“Possiamo e dobbiamo fare del camminare una nostra educazione permanente, una nostra esperienza intimamente vissuta, perché l’immobilità è la fine dell’una o dell’altra”, dice Duccio Demetrio nel suo libro Filosofia del camminare.
Che cosa si può fare in una città? Si può passeggiare, considerando attentamente che questa azione è un aspetto minore, ma fondamentale, della marcia: il passo può anche essere lento, eppure è un movimento che simula e sottintende qualcosa di più energico e sportivo. Nello stesso tempo, in queste passeggiate cittadine, si può riprendere quotidianamente contatto con la storia del nostro luogo di vita che il tempo dedicato al lavoro ci ha impedito di scoprire. Apriamo una mappa della nostra città, metropoli o provincia che sia, e annotiamo su di essa i singoli luoghi che ne hanno fatto la storia. Poi uniamoli con delle righe e associamo a ciascun percorso la quantità di passi che contribuiscono ad arrivare a 10.000. Medici e cardiologi ci esortano ad iniziare con gradualità, a non esagerare, ma difficilmente ci diranno che ci sono controindicazioni.
Nella mia città (Como), per esempio, potrò fare una passeggiata nell’arte romanica. Prima andrò alla basilica di Sant’abbondio e poi raggiungerò quella di San Fedele: 3.000 passi. un’altra volta farò la passeggiata nell’architettura razionalista: prima andrò al Novocomum di Giuseppe Terragni, passerò al Monumento ai Caduti di Antonio Sant’elia, per terminare col raggiungimento della Casa del Fascio: ancora 3.000 passi. c’è poi un luogo fatto apposta da secoli per la passeggiata. Si chiama “la Vasca”, una serie di vie e viuzze così denominate così perché da sempre si passeggia avanti e indietro come in una gara di nuoto in piscina: sono multipli di 500 passi. E poi ci sono i percorsi delle ville sul lago e altri ancora. Un vero reticolo di passi e una palestra a portata di passo.
Ma non è solo la città di provincia ad offrire così tanti punti di attrazione. Milano, per esempio, contiene tantissime bellezze segrete sotto la sua superficie così indaffarata e densa di rapporti interpersonali tanto rapidi da sfavorire le dinamiche dell’attenzione. Vi ha pensato un’iniziativa come Città Nascosta, un’associazione culturale che propone programmi di passeggiate organizzate per nuclei tematici. c’è chi ha raccontato, con dovizia di particolari, l’interesse personale e collettivo di partecipare a queste iniziative.
Se  poi qualcuno pensa che il vero camminare pensoso e introverso debba essere quello dei pellegrinaggi in lontane terre spagnole o sudamericane, ci ha pensato Renato Ornaghi, autore di un bellissimo blog che ha letteralmente inventato il Cammino di Sant’agostino. Si tratta di un percorso di ben 415 chilometri, scanditi in 18 sotto-itinerari, che nel cuore della Brianza lombarda collegano 25 santuari ricchi di storia religiosa e inseriti in paesaggi bellissimi, nonostante la loro contaminazione con l’urbanesimo moderno.
In conclusione: facciamo esercizi benefici per il corpo e per la mente. Facciamo della nostra prevecchiaia e vecchiaia un’occasione di apprendimento.

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