La Dea bendata sempre più compagna di vita e di giochi degli anziani

Scritto da La Redazione il 11-03-2014

C’è un prodotto che, nonostante la crisi, si vende benissimo: si chiama «speranza di vincere», possibilmente tanto, per risolvere le difficoltà quotidiane”.

Il pensiero di Giovanna Morelli, professore di Politica Economica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo e Direttore della rivista Economia dei Servizi, inquadra alla perfezione la drammaticità di un business che con la stessa voracità con cui macina utili, miete vittime soprattutto tra le persone meno abbienti e più disperate: il gioco d’azzardo. Con un fatturato di 90 miliardi di euro l’industria del gioco e della lotteria non sembra risentire affatto della crisi. Anzi, pare trarne linfa vitale per prosperare indiscriminata.

I motivi di una tale espansione sono sotto gli occhi di tutti. In un’Italia che si aggiudica il titolo di Paese dei Balocchi come primo paese europeo per “consumo” di gioco d’azzardo, un paese in cui la disoccupazione raggiunge livelli senza precedenti e dove i cittadini sono tartassati dal fisco, gli anziani a rischio esclusione sociale rappresentano l’ingenuo Pinocchio ammaliato dal Lucifero delle sale da gioco che spuntano come funghi e degli spot pubblicitari che promettono denaro facile.

Secondo l’indagine Anziani e Azzardo, condotta da Gruppo Abele e Auser Nazionale in collaborazione con Libera, sul gioco d’azzardo tra gli over 65 di 15 regioni italiane, sono proprio i pensionati a basso reddito la fascia di popolazione più incline a sviluppare patologie sociali legate al gioco. Gli anziani, affamati di contatto umano, con abbastanza danaro e tempo libero a disposizione, rimangono i soggetti più appetibili. Numeri alla mano, il 23,7% di persone tra i 65 e i 75 anni d’età sarebbe affetta da gioco d’azzardo problematico o patologico e spenderebbe complessivamente 5,5 miliardi di euro l’anno, ossia poco più di 3000 euro al mese.

Si scopre così che i senior si recano sempre più spesso alle ricevitorie e tabacchi (44,9%) e al bar vicino a casa (24%) per giocarsi ingenti somme di denaro, se non la pensione, al Superenalotto (30%) e al Gratta&Vinci (26,6%) per i motivi più disparati: la maggior parte dei giocatori (45,3%) lo fa sperando, illusoriamente, di centrare la vincita milionaria di tutta una vita. Una percentuale assai più modesta (19,7%) gioca per puro divertimento e una fetta ancora più esigua (8%) considera il gioco d’azzardo un metodo alternativo per incontrare nuova gente.

Come asserito da Enzo Costa, Presidente Nazionale Auser, “La ricerca è stata promossa per colmare un vuoto informativo e far crescere tra le persone anziane la consapevolezza di quanto possa essere facile cadere nei rischi del gioco d’azzardo patologico che ha ricadute umane e sociali pesantissime. Il nostro impegno proseguirà con una capillare opera di informazione e sensibilizzazione nelle sedi e nei circoli ed offrendo un sostegno concreto alle vittime di gioco d’azzardo patologico”.

Il primo passo per uscire dalla dipendenza del gioco è innanzitutto un atto di consapevolezza, ossia ammettere di avere un problema e accettarlo. Spesso, infatti, non si vuole riconoscere la situazione di rischio in cui ci si trova e la si sostituisce con forme di lassismo molto pericolose. È fondamentale quindi lavorare su due fronti: uno più psicologico che riguarda il recupero dei legami affettivi e sociali di riferimento e uno più materiale legato alle situazioni di indebitamento con cui spesso bisogna fare i conti.

In questi casi le associazioni che si occupano della terza età e dei problemi ad essa correlati rappresentano un ottimo alleato. Ad esempio per quanto riguarda il versante indebitamenti, esistono associazioni di lotta all’usura che intervengono per la rinegoziazione e la rateizzazione del debito, denunciando, laddove necessario, eventuali illeciti.

Auser, Gruppo Abele e Libera sono solo alcune delle associazioni che assieme ad altre istituzioni, organizzazioni non profit e sindacati hanno aderito a “Mettiamoci in gioco”, la campagna nazionale contro il gioco d’azzardo lanciata nel 2012 per “sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulle reali caratteristiche del gioco d’azzardo nel nostro paese e sulle sue conseguenze sociali, sanitarie ed economiche”.

Vi lasciamo con un estratto dal libro Il giocatore (1866) in cui Fëdor Michajlovič Dostoevskij, attraverso le parole di Astley ad Aleksej Ivanovič, descrive la dipendenza del giocatore d’azzardo: “Lei vegeta, lei non soltanto ha rinunciato ai suoi interessi personali e a quelli sociali, non soltanto ai suoi doveri di uomo e di cittadino, non soltanto ai suoi amici (eppure ne aveva), non soltanto ha rinunciato a qualsiasi fine nella vita, eccettuato quello di vincere, ma perfino ai suoi ricordi. Io ricordo di averla conosciuta in un momento forte e ardente della sua vita, ma sono convinto che lei adesso ha dimenticato tutte le sue migliori inclinazioni di allora; i suoi sogni di adesso, anche quelli più urgenti ed essenziali, ormai non vanno oltre al pair e impair, rouge, noir, la dozzina di mezzo e così via; ne sono assolutamente convinto!”.

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