Anziano "fragile"

Scritto da Massimo Tanzi il 29-11-2011

Nella vita di molti anziani, si manifestano con notevole frequenza svariate patologie, che assumono carattere di cronicità. La pluripatologia comporta spesso una ridotta autonomia funzionale, a cui si associano spesso solitudine ed isolamento. Aggrava questa condizione l’assunzione di numerosi farmaci, i quali possono contribuire, con i loro effetti collaterali, allo sviluppo di una condizione di “fragilità”, che aumenta a sua volta il rischio di ulteriori problemi sanitari.
Effettivamente, il rischio di morte, in un periodo di osservazione di tre anni, sembrerebbe più che doppio per gli anziani “fragili” rispetto a coetanei non fragili.
l’autonomia dell’anziano, compromessa in funzioni essenziali come la cognitiva, la motoria, il linguaggio, l’alimentazione, l’igiene personale (tipicamente alterate in patologie prevalentemente neurologiche),
si riduce con il progredire della sua fragilità. Se inoltre coesiste una compromissione sensoriale (uditiva o visiva),
l’autonomia diviene ancora più precaria, aggravandosi in presenza di problemi psichiatrici (ansia, depressione, delirio, allucinazioni, agitazione); la dipendenza di queste persone diviene totale e la loro permanenza a domicilio risulta spesso impossibile.
Le gravi encefalopatie vascolari (definite anche “multi-infartuali” od “arteriosclerotiche”),
insieme alla Malattia di Alzheimer, sono causa di demenza, che costituisce il fattore principale nello sviluppo della fragilità.
In questa tipologia di anziano, si riduce drasticamente la capacità di valutazione critica e di giudizio, di organizzazione e di pianificazione, di linguaggio corretto ed appropriato, di vestizione. Egli non è più in grado di orientarsi in luoghi noti come il proprio domicilio. Ciò può ulteriormente renderlo agitato ed oppositivo, a volte anche violento.
I repentini cambiamenti di luogo ed orario, di persone, possono generare o peggiorare uno stato confusionale, soprattutto notturno ed a volte latente.
La grave incapacità, da parte di questa tipologia di anziano fragile, di “gestire” mentalmente situazioni nuove, tra cui il confronto con ambienti e persone non abituali, genera in questi soggetti ansia ed agitazione anche gravi. Non sono rari comportamenti di “fuga” con abbandono dell’abitazione o dei reparti ospedalieri di degenza.
Quindi, certe azioni come lo spostare l’anziano dalla propria abitazione, magari per fargli fare le vacanze “fuori porta” con i figli o, peggio ancora, l’eventualità di un ricovero ospedaliero, sono occasione di peggioramenti drammatici in soggetti fino a quel momento in fase di compenso.
Pertanto è preferibile mantenere con gli anziani i seguenti atteggiamenti, supportati da una costante calma e pazienza:
1) evitare il più possibile cambiamenti di orari ed abitudini di vita quotidiana (pasti; igiene personale e dell’ambiente circostante; riposo);
2) evitare il più possibile cambiamenti nell’arredamento abitativo (ciò vale anche per pazienti ospedalizzati od isti-tuzionalizzati): non sostituire il letto, non cambiare la stanza se non strettamente necessario;
3) stimolare regolarmente l’orientamento dell’anziano, ripetendogli spesso che ora è, dove si trova e perché, ricordandogli il nome di chi lo assiste, il nome degli eventuali compagni di camera;
4) accertarsi che conosca la topografia dell’ambiente domestico, ospedaliero o residenziale in cui si trova, accompagnandolo cortesemente e senza fretta se si dimostra disorientato.

Ricordiamoci che il disagio fisico, causato ad esempio da stipsi, ritenzione d’urina, stati infettivi o febbrili, dolori addominali od articolari, può indurre agitazione in un anziano che non è in grado di riferirci il proprio malessere, incrementando quindi la sua fragilità.
E’ fondamentale effettuare un inventario degli oggetti in possesso dell’anziano, possibilmente coinvolgendolo; infatti non è raro che smarrisca oggetti, anche preziosi, spesso da lui riposti in nascondigli bizzarri (soldi, gioielli in frigorifero; alimenti in bagno…). E’ “naturale”, in un siffatto anziano fragile, la sua tendenza ad accusare altri (familiari, assistenti) di furto o sottrazione volontaria di oggetti, con la possibilità di sviluppo di uno stato di agitazione psicomotoria dettata dalla sensazione di essere stato derubato, cosa che lo può far diventare anche violento.
Purtroppo, con il passare del tempo, l’anziano demente può sviluppare altre forme di fragilità, estremamente critiche come la compromissione motoria, la disfagia, le complicanze da allettamento.
Pur esistendo malattie in cui la compromissione motoria è parte integrante delle stesse (gravi esiti cerebrovascolari – ictus ischemico o emorragico -, malattie neurologiche a decorso cronico/progressivo – Morbo di Parkinson, Sclerosi Multipla, Sclerosi Laterale Amiotrofica, Polineuropatie, De-menze, malattie cerebellari e del midollo spinale -),
essa tende a manifestarsi spontaneamente con il progredire degli anni.
Questo spiega perché bisogna ridurre al minimo indispensabile la permanenza a letto dell’anziano, anche se peraltro sano; si tratta di un approccio che deve costituire una vera e propria ossessione per chi si occupa di anziani, in quanto il declino globale si previene anche con il movimento.
l’allettamento può essere responsabile di un circolo vizioso che espone i pazienti a gravi rischi, dalle infezioni respiratorie alle piaghe da decubito, allungando impropriamente anche i ricoveri ospedalieri.
Bisogna stimolare l’anziano a trascorrere periodi sempre più lunghi dapprima seduto nel letto, poi fuori dal letto anche in carrozzina/poltrona, consumando i pasti a tavola. Deve iniziare ad effettuare qualche passo, inizialmente su percorsi brevi e successivamente sempre più lunghi. Un obiettivo è quello di utilizzare gli abituali servizi igienici (confinando, allo stretto necessario, il ricorso a pappagalli, padelle o comode),
così come camminare anche semplicemente all’interno dell’appartamento o nei corridoi della casa.
Molti anziani, nel complesso sani, hanno la tendenza a rifiutare l’esercizio fisico, divenendo lamentosi e riferendo disturbi di vario tipo, spesso immaginari.
Diviene compito del medico, in questo caso, dimostrare l’assenza di controindicazioni al movimento: un po’ di fermezza è determinante nel vincere il rifiuto e può arrecare solo beneficio. Anche i familiari si sentiranno rassicurati e non si lasceranno spaventare da eventuali atteggiamenti non collaborativi del parente in là con gli anni.
Viceversa, ci sono anziani che minimizzano o sottovalutano i propri limiti motori, o semplicemente non ne sono consapevoli. Essi pongono problemi opposti e vanno scoraggiati dal rischiare troppo, affidandoli ad un fisioterapista per un corretto inquadramento dell’attività motoria consentita, rispettando i tempi ed i parametri di sicurezza.
Sia chi si muove poco, ed ha perso la naturale sicurezza e stabilità motoria, sia chi si muove troppo, trascurando la sua reale capacità motoria, risulta a rischio di cadute. Esse costituiscono la complicanza più frequente e temibile nelle persone anziane con compromissione motoria.
Non si ripete mai abbastanza che bisogna sempre verificare l’esistenza di eventuali barriere architettoniche, eliminandole se possibile; devono essere eliminati gli arredi inutili e pericolosi (tappeti, stuoie, ecc.),
adottando presidi quali maniglie di sostegno, tappetini antiscivolo, ecc. ad esempio in bagno. Si deve illuminare adeguatamente gli ambienti, garantendo anche una luce sufficiente nelle ore notturne.
E’ compito del medico verificare se, tra i farmaci assunti dall’anziano, ve ne siano alcuni che possono aumentare più di altri il rischio di caduta, anche se in realtà quasi tutti i farmaci assunti cronicamente dall’anziano possono causare ipotensione, instabilità posturale, debolezza muscolare, sonnolenza (tutti effetti potenzialmente pericolosi).
l’anziano fragile spesso convive con patologie urologiche, ginecologiche, proctologiche, le quali creano i presupposti anatomici per problemi igienici spesso umilianti perché minano l’autonomia nelle funzioni escretorie. Queste ultime possono divenire una vera e propria ossessione.
La corretta assistenza al paziente anziano comporta la regolare registrazione delle evacuazioni, della loro quantità e dell’aspetto. La cateterizzazione è utile se per breve tempo, anche se può essere inevitabile il suo impiego a permanenza (diviene difficile svezzare i pazienti dal suo impie-go, in un secondo tempo).
Bisogna adottare delle strategie di prevenzione e controllo dell’incontinenza, in particolare:
1) scegliere per l’anziano un abbigliamento facile da togliere e rimettere;
2) facilitare il tragitto verso i servizi igienici;
3) programmare una minzione ed una defecazione periodica, mettendo l’anziano nelle condizioni più agevoli per riconoscere lo stimolo, se ancora presente;
4) curare la dieta e temporizzare l’assunzione di liquidi, ad esempio riducendola alla sera.
Con quest’ultimo punto si pone in evidenza come, nell’anziano, la corretta nutrizione sia un problema spesso sottovalutato: anche l’anziano “autosufficiente” tenderà, nel tempo, ad ipersemplificare la propria dieta, che diverrà monotona e poco variata e povera di liquidi (per il succitato problema/pericolo di incontinenza urinaria e per la riduzione del senso della sete).
I problemi alimentari sono da ricondurre, sovente, a solitudine, declino cognitivo, ridotta autonomia motoria, problemi odontoiatrici. Le conseguenze possono essere serie: disturbi tipici dell’età avanzata, quali l’osteoporosi, sono aggravati da una dieta inadeguata priva di proteine, vitamina D, Calcio. Carenza di vitamina B12 ed acido folico inducono, oltre a problemi ematologici (anemia in primis),
neuropatie e demenza.
Quasi tutte le malattie neurologiche possono comportare o comportano disfagia (= alterata deglutizione). La disfagia è un fenomeno pericoloso: la perdita dei normali riflessi di deglutizione facilita il passaggio di frammenti di cibo nella laringe, di qui in trachea e nei bronchi; ne possono conseguire broncopolmoniti “ab ingestis” o grave soffocamento fino alla morte. Ciò permette di comprendere come, nell’anziano fragile, l’apporto alimentare ed idrico viene progressivamente ridotto, con tutte le consequenzialità (si instaura un circolo vizioso disfagia, alterata nutrizione, deperimento, incremento della disfagia).
Una conseguenza pratica della disfagia è la progressiva difficoltà, per il paziente, ad assumere regolarmente la terapia farmacologica per bocca: questo aspetto deve essere sempre indagato, perché spesso i pazienti ed i familiari non lo rimarcano. Il medico ha il compito di sostituire la formulazione o il tipo di farmaci da assumere, se necessario.
Esistono, comunque, tecniche e supporti nutrizionali speciali (addensanti dei cibi, acqua gelificata, ecc.) per garantire la nutrizione e l’idratazione del disfagico; esistono approcci differenziati (sondino naso/gastrico o PEG – Percu-taneous Endoscopic Gastrostomy = gastrostomia endoscopica percutanea -) per mantenere la nutrizione enterale in soggetti assolutamente incapaci di deglutire, così come procedure parenterali (catetere nella vena succlavia) per la somministrazione endovenosa (e.v.) di sacche nutrizionali.
Nell’anziano fragile, affetto da lesioni che danneggiano le aree cerebrali del linguaggio, situate nel lobo frontale e temporale dell’emisfero cerebrale dominante, si può sviluppare l’afasia: si tratta dell’impossibilità o grave difficoltà, per il paziente, ad esprimersi verbalmente od a comprendere il linguaggio degli altri.
l’afasico, di per sé, non è demente. Sviluppa una condizione particolarmente penosa e frustrante: i pensieri, i sentimenti, i ricordi, le idee, le azioni (le cosiddette funzioni esecutive) sono in ordine ed “imprigionati” in un cervello che non riesce più a padroneggiare quella serie codificata di simboli sonori o scritti che costituiscono il linguaggio.
Chi si rapporta con un paziente afasico deve: adoperare frasi brevi e semplici; mantenere il contatto visivo; lasciare tempo al paziente affinché assimili il messaggio; non cambiare bruscamente argomento; guardare l’espressione del paziente per vedere se ha capito; cercare di sfruttare altri canali di comunicazione (mimica, disegno, ecc.).
Nel caso in cui il paziente si esprima in modo non comprensibile, non fare finta di avere capito. Allorché ricorra ad imprecazioni o parolacce, non ci si deve scandalizzare: si tratta spesso di automatismi involontari non controllabili. Inoltre non bisogna spaventarsi quand’anche il paziente, frustrato, piange, si arrabbia, colpisce col pugno il tavolo. Si tratta di fenomeni comuni, in base ai quali è importante tranquillizzare e rasserenare il paziente stesso.
Nell’anziano fragile, con deterioramento cognitivo, i deficit sensoriali visivi o uditivi possono essere motivo di isolamento, frequentemente causa di gravi disturbi comportamentali, soprattutto crepuscolari o notturni, associati al potenziale rischio di cadute.
In un anziano deteriorato, i deficit sensoriali sono angoscianti se ombre, riflessi, giochi di luce vengono percepiti in modo distorto: possono essere immaginati soggetti estranei, magari vestiti in modo bizzarro, che si aggirano nella stanza; oppure animali repellenti, insetti, ecc..
Se ha problemi uditivi, potrà percepire musica, rumori di treni, ecc.. Queste sensazioni allucinatorie portano spesso alla elaborazione di veri e propri stati deliranti.
In queste situazioni, è necessario tranquillizzare il paziente con pacatezza ed atteggiamento rassicurante, in quanto egli può cercare di fuggire, diventando oppositivo e violento se si cerca di trattenerlo.
La sedazione farmacologia può essere necessaria, ma va sempre decisa e dosata solo dal medico. La restrizione fisica è da considerarsi una misura estrema: le manovre di contenzione, se ingiustificate ed inappropriate, potrebbero configurare il reato di violenza privata, senza contare il rischio di lesioni che in questa situazione possono essere ritenute dolose.

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