San Valentino e l'amore nella terza (e quarta) età

Scritto da Luciana Quaia il 11-02-2011

Decisamente le tendenze sono cambiate da quegli anni Sessanta in cui le note di “Non ho l’età” ci proponevano una timida Gigliola Cinquetti intenta a sospirare su un’età ancora immatura per parlare d’amore al suo innamorato.
Ciò nonostante, in tema di sesso, permane nell’opinione corrente il tabù che la sessualità in età avanzata sia atto sconveniente e riprovevole, mentre il desiderio corrisponda ad una manifestazione del vecchio sporcaccione teso a compensare l’impotenza senile con comportamenti lascivi e pruriginosi.
Si tratta di una convinzione così diffusa che persino la coppia anziana può arrivare a considerare la sessualità un tema non più così importante, qualcosa cui si può rinunciare senza particolare sacrificio.
Dal punto di vista sociale, infatti, alcuni miti sostengono le tesi che il sesso, in questa fase della vita, non ha rilevanza; che gli anziani dovrebbero essere asessuati e che l’interesse per l’attività sessuale è indice di anormalità.
Non casuali, a tal proposito, sono le discussioni suscitate dalla pellicola del 2008 del regista tedesco Andreas Dresen Settimo cielo. Nel film le scene di un sesso pieno e soddisfacente nate da una combattuta e passionale relazione extraconiugale fra una sessantenne e un settantaseienne si scontrano con le convenzioni sociali poco disposte a tollerare uno slancio erotico nonostante la pelle avvizzita.
Eppure il regista null’altro fa che portare sulla scena la vita così com’è, con le sue travolgenti e inattese passioni e la voglia di sperimentarle senza censure, per recuperare sensazioni dimenticate e per viverle quando non rimane più molto tempo da sprecare.
Torniamo ai miti da sfatare.
In prima istanza, è falso pensare che gli anziani siano sessualmente incapaci, in quanto il processo di invecchiamento porta con sé solo modeste alterazioni di tali funzioni, per lo più connesse alle modificazioni nei ritmi e nelle modalità delle risposte sessuali. Nell’uomo il tempo di eccitamento può diventare più lungo e l’erezione essere più lenta e meno stabile, mentre nella donna la menopausa può giocare un ruolo significativo nel declino sessuale, poiché la minore lubrificazione della vagina e l’assottigliamento delle sue pareti possono provocare fastidio o dolore durante il rapporto.
Sono invece di rilievo gli aspetti psicologici: modificazioni fisiche, decadimento del proprio corpo, bellezza sfiorita, diminuzione della prestanza sessuale, perdita di elasticità e vigore, timore di “non farcela” o di essere ridicolizzati per i propri impeti di desiderio possono comportare un abbattimento dell’autostima e un progressivo ritiro da questa pratica.
Invece, il termine “sessualità” non implica solo la mera genitalità. Si deve piuttosto tener conto di una più complessa pluralità di aspetti.
Lo psichiatra e filosofo tedesco Karl Jaspers ne distingue tre: il sesso, di per sé corrispondente al semplice soddisfacimento di una tensione organica e privo di implicazioni psicologiche; l’erotica, dove desiderio e attrazione fisica sono arricchiti da una maggior fusione psichica con la persona desiderata (destinata però a tramontare una volta scaduta la percezione di esclusività l’un per l’altro); e infine l’amore che prevede, accanto al desiderio fisico, la messa in gioco di stati d’animo che esprimono una comunione totale fra mente e corpo.
Quindi, se nella tarda età la quantità dei rapporti sessuali diminuisce, la qualità cresce facendo del sesso un’arte di amore e intimità: si conosce meglio il partner, si ha maggior tempo libero, si è più lontani dall’idea della prestazione a tutti i costi e più vicini a una visione contemplativa dell’altro. Comunicare, guardarsi, toccarsi, accarezzarsi, baciarsi: le modalità dell’amore, a tutte le età, sono infinite, come ben illustra il famoso gerontologo Francesco Antonini che, quasi ottantenne, così scriveva nel libro I migliori anni della nostra vita: “Il sesso è per tutti. Occorre convincersi che a una certa età il sesso può essere molto più interessante, sereno e piacevole, vorrei dire rilassante, di quanto non fosse in gioventù. Si è più liberi, si ha più tempo a disposizione, si è meno pressati dalle necessità quotidiane, si guarda con un certo distacco alle cose di tutti i giorni e quindi si è nelle condizioni migliori per avere un buon rapporto sessuale con il proprio partner, per riscoprire intimità e confidenze magari dimenticate“.
Lontana dalla giovinezza, alla coppia serve una nuova apertura, un nuovo sguardo che sappia disfarsi dai forzati canoni estetici attuali. Solo così si potrà guardare al corpo di chi ti sta al fianco da decenni con una prospettiva diversa, sostituendo all’immagine del bello ideale quella del bello relativo, testimone, attraverso rughe e imperfezioni, del tempo vissuto, condiviso, dove ancora è possibile collocare un desiderio meno impetuoso, ma altrettanto coinvolgente e denso d’amore.
In vecchiaia il sentimento amoroso deve lasciar spazio anche all’accettazione di una ferita narcisistica determinata dal decadimento dell’organismo. E’ interessante a questo proposito il pensiero dello psicologo americano Erik Erikson, secondo il quale ogni fase della vita propone dei compiti evolutivi la cui mancata realizzazione può determinare conflittualità e contraddizione.
Nella terza e quarta età le tensioni psicologiche in gioco sono l’integrazione e la disperazione.
I problemi di salute, in questo ciclo della vita, sono spesso senza speranza di definitiva risoluzione. Diventa quindi essenziale la capacità di far interagire fra loro la disperazione per le perdite e l’integrazione di questi nuovi aspetti di sé, nonché il mettere in atto una rinnovata energia verso azioni e progetti compatibili col proprio stato, altrimenti la chiusura nel rimpianto di ciò che non può più ripresentarsi condurrà ad uno stato depressivo senza ritorno.
l’approdo al legame maturo richiederà pertanto un costante esercizio per assimilare e integrare nuovi bisogni: di dipendenza, di aiuto collaborativo, di accettazione di un affaticamento degli organi, di un maggior rallentamento.
Nel libro di Lorenzo Licalzi Che cosa ti aspetti da me Tommaso Perez è da poco entrato in casa di riposo dopo un ictus. Inchiodato a una carrozzina, tutto spera tranne che voltare pagina dopo i settant’anni, quando un’altra ospite, Elena, entra senza preavviso nel suo mondo e lo stravolge: “Solo a due vecchi può succedere questo miracolo, i giovani non possono capire. Solo se si ha un corpo disfatto come il mio, solo se lei ti vede cadere quando provi a camminare, solo se lei ti vede mangiare con difficoltà o ti deve imboccare puoi capire cosa intendo. Se superi la falsità dell’apparenza, la rigidità della forma, la decadenza della vecchiaia, allora non c’è nulla che ti può imbarazzare“.
Per restare nell’ambito delle istituzioni, è singolare come in questi luoghi il fattore “opportunità” non venga minimamente valutato: essendo la sessualità stessa ben lontana dall’essere considerata un bisogno, sono inconcepibili spazi privati per poter cercare intimità.
un’interessante soluzione al problema è stata sperimentata in Danimarca, dove è prevista una sala per la proiezione di film a luci rosse, ma che pare difficilmente applicabile nel nostro rigido contesto italiano, dove trova legittimità un altro diffuso stereotipo, quello secondo cui gli anziani dovrebbero essere separati in base al sesso, per evitare problemi al personale e critiche da parte dei familiari e della comunità.
Nel bel libro di Fulvio Scaparro Vecchi leoni (pubblicato nel 1998 con titolo Storie del mese azzurro), una protagonista così racconta durante uno dei suoi corsi di “educazione sessuale avanzata”: “Tra vecchi si fa l’amore e vi posso assicurare che è piacevole e gratificante. Certo, ci sono delle belle differenze rispetto a quando avevamo qualche decennio di meno. c’è meno impeto, meno urgenza, meno capriole, minore ricerca della penetrazione memorabile. In compenso, si presta maggiore attenzione all’altro o all’altra, si sta davvero insieme in una profonda intimità, si è forse più affettuosi. Insomma le emozioni superano le azioni ma non crediate che queste ultime siano assenti… siamo vecchi e come tali possiamo innamorarci e anche fare l’amore, ma non dobbiamo sentirci tenuti a farlo. Se non abbiamo attività sessuale, le ragioni possono essere tante e degne di rispetto, ma non raccontiamoci la storia che non facciamo l’amore perché siamo vecchi“.
E’ innegabile che la conquista di un amore maturo sia un traguardo possibile solo dopo il superamento di molte sfide collegate alla dimensione individuale: dall’autostima alla fiducia verso l’altro; dall’autonomia al sapersi rendere emotivamente disponibile all’incontro; dall’investimento libidico passionale all’integrazione di sentimenti-ombra quali imbarazzo, vergogna, senso di colpa.
Queste caratteristiche naturalmente incidono su comportamenti e stili di relazione sessualizzata in qualsiasi età, anche quella più acerba, facendo sorgere, da vecchi, l’interrogativo se si è mai stati veramente sfiorati da Eros.
Ben diversamente da come accadde a Filemone e Bauci, al cui idillio tutti aspiriamo, Ovidio, nelle Metamorfosi, ci racconta la storia di questa coppia sposata da cinquant’anni per amore, felice della propria povera condizione e con un unico desiderio da poter esaudire: la grazia, quando giunta l’ora, di morire insieme, perché nessuno dei due voleva restare neanche un giorno privo dell’altro.
E giunta infine l’ora, Bauci fu mutata in tiglio e Filemone in quercia “e mentre già la cima andava crescendo sui volti d’entrambi, essi si scambiarono, finché poterono, mutue parole; e “Addio, o consorte” insieme dissero; e insieme la corteccia coperse e cancellò le loro bocche. Ancora l’abitante di Tino addita colà i tronchi avvicinati, che furono i loro due corpi”.
A tutti voi, innamorati della terza e quarta età, buon San Valentino.

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