Mi metto a dieta... ma da dove comincio?

Scritto da Alessandra Cicalini il 22-02-2008

Dieta sì o no? La domanda torna periodicamente a frullarci nelle teste, soprattutto quando le giornate si fanno più tiepide e mostrare un po’ del nostro corpo diventa oltre che un piacere, anche una necessità… per non sudare troppo!
Al di là delle questioni estetico-traspiratorie, però, imparare a conoscere qual è il nostro specifico fabbisogno alimentare ci aiuta a limitare i danni di patologie che eventualmente dovessero già affliggerci (per esempio il diabete) e ad arginare le probabilità di contrarne qualcuna.
Ed è per queste ragioni che in molti hanno salutato con favore la nascita dell’etichetta nutrizionale e ancora di più la proposta di legge presentata dall’Unione europea per renderla obbligatoria.
Non tutti, però, ne sono entusiasti allo stesso modo… vediamo perché.


Già utilizzata in via volontaria dalle aziende che aderiscono alla Federalimentare , l’etichetta nutrizionale è indicata con la sigla “Gda”, dall’inglese “Guideline daily amounts”, cioè, tradotto in italiano, “quantità indicative giornaliere”.
Chi la sta già utilizzando, in sostanza, indica sugli alimenti la presenza di quattro o otto valori, detti “big 4” o “big 8”.

Chi fa riferimento ai “big 4”, si limita a riportare sull’alimento, oltre al valore energetico complessivo, le proteine, i carboidrati, gli zuccheri e i grassi.
Chi adotta la Gda in modalità estesa (ossia i Big 8),
indica sul prodotto, oltre ai quattro elementi sopra elencati insieme con il valore energetico, anche gli acidi grassi saturi, le fibre alimentari e il sodio.

Con la Gda, insomma, dovrebbe essere più semplice capire qual è il nostro fabbisogno calorico giornaliero (si veda per esempio il Sole 24 Ore del 18 febbraio scorso).
Si dovrebbe, appunto, ma non tutti ne sono convinti.

Su “Salute” di Repubblica, per esempio, ci si domanda quanti siano in grado di interpretare le indicazioni contenute nell’etichetta.

In effetti, le aziende alimentari che applicano i principi delle Gda prendono a modello un’ideale confezione di prodotto destinata a una singola persona, indicando o il rapporto tra peso e volume della quantità consumabile individualmente, oppure il numero di “pezzi” (per esempio, tre fette biscottate) consigliabili per un determinato pasto (in questo caso, la colazione),
o ancora un’ipotetica razione casalinga dell’alimento (ad esempio un cucchiaio pari a tot grammi, un bicchiere corrispondente a tot millilitri).

Il sistema non risulterebbe troppo efficace, secondo “Salute”, soprattutto nel caso dell’assunzione degli zuccheri, assimilabili in maniera diversa se si è bambini o adulti, e soprattutto tra questi ultimi, se si è sedentari o sportivi.
Insomma, le percentuali di Gda assunte durante la giornata variano a seconda dello stile di vita che si conduce.

Pertanto, anche qualora l’etichetta nutrizionale dovesse diventare obbligatoria, il consiglio migliore è affidarsi a un buon nutrizionista e raccontargli tutti, ma proprio tutti, i nostri comportamenti alimentari… piccoli vizi compresi!

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