Italia, giovane e vecchia: la fotografia dell'Istat

Scritto da Alessandra Cicalini il 02-02-2011

Sempre più anziani e sempre più stranieri. In estrema sintesi, il rapporto Istat 2011 sulla popolazione italiana traccia un quadro che sembra un cerchio: da una parte, la speranza di vita alla nascita e la quota di over 85 continuano a salire, dall’altra la natalità spiccata degli immigrati frena la flessione dei residenti di madrelingua nazionale. Per il momento, una parte consistente dei nuovi italiani, nella stragrande maggioranza di origine rumena, seguiti, in misura più consistente, da albanesi, marocchini, cinesi, senegalesi e peruviani, è impiegata nei lavori meno ambiti dagli italiani di nascita, ma la forte presenza di minorenni nati da almeno un genitore straniero (di solito la madre) è destinata a mutare la composizione socio-economica della Penisola nel giro di dieci-vent’anni. Nell’attesa dei cambiamenti prossimi-venturi, vediamo più nel dettaglio quanto scrive l’Istituto nazionale di statistica nella sua indagine.
Prima di tutto, si precisa che i dati riferiti ai primi sette mesi del 2010 sono per forza di cose una stima, in ogni caso sufficienti per delineare una fotografia piuttosto nitida sugli italiani di oggi.
Al primo gennaio 2011, dunque, abiterebbero sul territorio nazionale 60 milioni e 600 mila persone, con un tasso di crescita del 4,3 per mille rispetto all’anno scorso. Con l’esaurirsi definitivo delle generazioni chiamate dal rapporto baby boomers, cala ulteriormente la fecondità nazionale. Detto in altri termini, le italiane fanno sempre meno figli, intorno ai 30-31 anni, al contrario delle immigrate che hanno generato nell’ultimo anno 104 mila bambini, pari al 18,8% del totale.
La fecondità delle nuove italiane non ha però impedito di registrare l’ennesimo saldo negativo tra nascite e decessi, come già successo negli ultimi quattro anni, stavolta, però, in misura ancora maggiore.
Per contro, la vita media degli italiani è salita ulteriormente, attestandosi sui 79,1 anni per gli uomini e 84,3 per le donne. Da rilevare, inoltre, la crescita della quota dei grandi anziani, ossia le persone di età superiore agli 85 anni, oggi pari a un milione e 675 mila persone, ossia il 2,8% del totale, contro il 2,2 del 2001. Insieme con loro, cresce anche la quota degli ultracentenari, addirittura triplicata in dieci anni e oggi pari a oltre 16 mila persone.
La maggior longevità ha fatto incrementare anche la speranza di vita alla nascita e quella residua, calcolata alla fine dell’età attiva, fissata (ancora per qualche anno: con l’innalzamento dell’età pensionistica si vedrà, ndr) a 65 anni. Nel primo caso, hanno più probabilità di vivere molto a lungo i maschi che risiedono nella provincia di Bolzano e le femmine che abitano nelle Marche. In generale, però, la speranza di vita residua è di 18,3 anni per gli anziani e di 21,9 per le anziane, con un incremento identico rispetto al 2009 per entrambi i sessi di 0,2 punti percentuali. Le donne, insomma, hanno tuttora più chance di vivere più a lungo degli uomini, ma nel tempo il distacco dato agli uomini si è ridotto al crescere complessivo della speranza di vita senza distinzione di genere.
Mentre gli italiani vivono più a lungo e tutto sommato invecchiano sempre meglio, aumentano i giovani di origine straniera, soprattutto nel centro-nord, in cui vive la maggioranza dei residenti in generale.
Come si concilieranno le opposte tendenze, tenendo conto anche dei dati drammatici sull’occupazione giovanile? Alla politica e alla storia le risposte.

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