Dall'arte della motocicletta alla manutenzione di se stessi

Scritto da Paolo Ferrario il 18-12-2009

Sono due i motivi per riproporre l’attenzione su “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, un libro di 35 anni fa.
Il primo è biografico e riguarda la mia professione. Occuparsi di formazione con persone adulte impegnate nei servizi sociali vuol dire non solo trasferire conoscenze, ma soprattutto elaborare metodi ed atteggiamenti per vedere in modo diverso il proprio lavoro e la sua relazione con il mondo esterno.
Il secondo motivo è attuale e può anche interessare i nostri lettori.
In Miserabili, io e Margaret Thatcher l’attore Marco Paolini esortava il suo pubblico a “fare manutenzione”, ossia ad occuparsi umilmente di cambiare qualcosa nella propria concreta vita attuale, invece che fantasticare su grandi cambiamenti generali e, quindi, inevitabilmente astratti ed esterni alla più immediata esperienza personale.
Robert Maynard Pirsig, americano di origine tedesca, aveva 46 anni quando pubblicò Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Il libro fu rifiutato da decine di editori, ma poi vendette milioni di copie e divenne un best seller mondiale nel decennio successivo.
Nel racconto c’è una storia e una sottostoria che sono perfino difficili da distinguere talmente sono intrecciate. Da una parte si parla di un viaggio on the road a cavallo di una moto dal Minnesota alla California, durante il quale si dipana la tenera e straziata vicenda di Fedro/Io narrante, padre alla riconquista di un senso esistenziale per se stesso e il figlio undicenne Chris. Dall’altra si viene immersi in riflessioni filosofiche sul tema della capacità della Ragione a comprendere gli eventi scientifici e umani. Le escursioni sono ardue e vertiginose: Socrate, i Sofisti, Platone, Einstein, Hume, Newton, Kant, Hegel, Poincarè, Lobacevskij e – sorprendentemente – Lao Tsu.
Detto così può sembrare un romanzo noioso e illeggibile. Confesso che in parte lo è, tuttavia al suo interno si trovano pertugi di rischiaramento psicologico di particolare intensità. In poche parole, il messaggio di fondo è che un approccio solo razionale alla vita rischia di non farla più funzionare e che per trovare la pace interiore occorre cercare la “qualità” invisibile che si cela sotto le apparenze. Ma proviamo ad estrarre alcuni punti chiave e a dipanarli.
Cosa significa il titolo? Lo Zen è una forma di buddhismo che non mira all’illuminazione o all’estasi ma che suggerisce l’idea che l’anima cresce dedicandosi a vivere la vita così com’è. La metafora della manutenzione della motocicletta, da eseguire personalmente, intende esprimere un’idea di come affrontare la vita: “La vera motocicletta -dice Pirsig – a cui state lavorando è una moto che si chiama voi stessi. La macchina che sembra là fuori e la persona che sembra qui dentro non sono separate”.
Nella tecnologia, come nella vita, si può manifestare un blocco: “Siete bloccati – aggiunge -, non c’è più modo di riparare la motocicletta. Questo è il momento zero della coscienza. Emotivamente è un’esperienza molto brutta. Siete incompetenti… Avete bisogno di qualche idea, di qualche ipotesi … la conoscenza classica, strutturata, benché necessaria, non è sufficiente. Bisogna avere almeno in parte il senso della qualità del lavoro. Bisogna avere l’intelligenza di ciò che è buono”.
Gran parte del libro si incentra sull’argomento della qualità. In campo organizzativo e professionale questo è un principio fondamentale che risponde ai quesiti fondanti: con che cosa e come si risponde a un bisogno individuale? Pirsig ci arriva per vie traverse. Racconta di avere portato la sua motocicletta in un’officina dove i meccanici ascoltavano musica a tutto volume e, invece di ripararla, l’avevano fatta a pezzi. Da quell’episodio imparò che è l’atteggiamento che si ha verso un problema (e non la sola conoscenza tecnica) a fare la differenza: la qualità consiste nella differenza fra chi ci tiene e chi no. Limitarsi a seguire il manuale delle istruzioni è un approccio inefficace e di bassa qualità e occorre provare a fare da sé i lavoretti di manutenzione. La parola chiave sottostante alla qualità è “meglio”: “Se volete costruire una fabbrica, o riparare una motocicletta, o dare un assetto a una nazione senza rimanere bloccati… bisogna avere il senso della qualità del lavoro.
Bisogna avere l’intelligenza di ciò che è buono”.
Per riparare la motocicletta (dunque la vita) lo strumento più importante è un’adeguata dose di enthousiasmos, parola greca che significa letteralmente “pieno di theos”, cioè ispirato da Dio (che noi, con Pirsig, possiamo tranquillamente interpretare laicamente). Chi è animato dall’entusiasmo non sta lì a rimuginare, perché è consapevole di sé, ha ben presente la qualità, sa cosa lo aspetta e cosa deve fare, con pazienza e applicazione. Dice precisamente l’autore: “Se non ci mettete enthousiasmos potete anche raccattare tutti gli altri strumenti e metterli via, perché non serviranno a niente. Ma se ce l’avete e sapete come continuare ad averlo non c’è motivo al mondo che vi possa impedire di aggiustare la moto”.
Concludiamo con il tema della manutenzione. Il dizionario etimologico ci indica con precisione che alla sua radice c’è la parola “mano” e che da essa originano varie realtà del mondo che ci circonda: manifattura e manufatto, manodopera, manovra, mantenere. Soffermiamo l’attenzione su quest’ultimo verbo: mantenere, ossia far durare. Dunque la manutenzione è l’operazione che fa durare qualcosa attraverso questo prezioso e familiare apparato che è la mano. Ci sono anche dei processi mentali che sostengono queste azioni: tenere l’oggetto, sottolinearne l’importanza, osservarlo nelle sue parti e nella sua interezza, prestargli attenzione, provare a ripararlo invece che buttarlo e cercare oralmente un altro oggetto sostitutivo. Diciamolo: occorre amarlo.
Una macchina, col tempo, acquisisce una sua personalità, ossia la somma percepibile di tutto ciò che di essa si sa e si sente: “Questa personalità – osserva lo scrittore – cambia costantemente, di solito in peggio, ma talvolta anche in meglio, ed è questa personalità l’oggetto vero della manutenzione della motocicletta”.
Ogni lettore potrà, attraverso le pagine del libro, verificare i grovigli che ci propone ed elaborare un metodo per entrare in rapporto con i dubbi che ci assillano sullo stato delle cose della nostra esistenza, sulle scelte laceranti, sulle prospettive dei nostri individuali e generali destini.
Non è poi così lontana la filosofia dai momenti della vita in cui sentiamo il cuore andare a pezzi e non sappiamo che via prendere. Guardiamola da vicino la nostra motocicletta, con religione e umile pazienza. Non abbandoniamola a un meccanico qualsiasi. Può darsi che se davvero “ci teniamo”, riusciremo da soli a scoprire il guasto e a ripararlo.
Pensiamoci durante questi giorni di festa: a tutti voi, auguri.

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