Congedo non retribuito

Scritto da Gaetano De Luca il 27-10-2011

Il nostro viaggio attraverso le agevolazioni lavorative continua: in questa terza tappa del nostro “tour” avremo modo di vedere come, oltre ai permessi mensili previsti dalla Legge 104 e al congedo biennale retribuito, il nostro ordinamento giuridico prevede la possibilità di usufruire di una aspettativa di due anni per eventi e cause particolari (c.d. congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari e personali).
Si tratta di un agevolazione che è stata introdotta abbastanza recentemente dalla Legge 8 marzo 2000 n. 53 (art. 4) e disciplinata nello specifico dal Decreto Ministeriale Dipartimento per la Solidarietà Sociale del 21 luglio 2000, n. 278 (“Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari).
Questo tipo di congedo, di fatto, consente di coprire tutta una serie di esigenze del lavoratore (si deve trattare di un lavoratore con un contratto di lavoro subordinato e non di un lavoratore autonomo) che non rientrano nel campo di applicazione del congedo retribuito biennale.
Come abbiamo visto nell’articolo pubblicato a settembre, il congedo retribuito richiede, nella maggior parte dei casi, come requisito la convivenza. Ecco quindi l’utilità di questa ulteriore agevolazione: se il parente che dobbiamo assistere non abita con noi, possiamo utilizzare questo periodo di aspettativa e garantirgli pertanto un po’ di aiuto.
Il congedo per gravi motivi familiari si prefigge infatti di dare la possibilità ai lavoratori dipendenti di affrontare situazioni particolari che possono verificarsi nella vita, come decessi o malattie gravi di familiari o indifferibili esigenze personali.
Vediamo quali sono concretamente ed in generale le situazioni nelle quali si può usufruirne:
1.    Quando decede un parente.
2.    Quando occorre prestare cura e assistenza ad un parente.
3.    Quando il dipendente viene a trovarsi esso stesso in una situazione di grave disagio personale.
I parenti possono essere, in primo luogo, quelli facenti parte della famiglia anagrafica (quindi persone con cui convive),
in secondo luogo i c.d. obbligati agli alimenti ai sensi dell’art. 433  codice civile (coniuge, figli legittimi, legittimati, adottivi, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle) anche se non conviventi. Infine ci sono i parenti o affini entro il terzo grado in condizione di handicap grave, anche se non conviventi.
Il decreto ministeriale specifica quali siano i gravi motivi che giustificano la possibilità di chiedere il congedo:
a) le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone sopra menzionate
b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell’assistenza di queste persone;
c) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
Il decreto ministeriale specifica in modo esemplificativo la tipologia di patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
Anche per questa agevolazione occorre che il lavoratore presenti al proprio datore di lavoro una vera e propria domanda scritta, allegando la documentazione che dimostri i gravi motivi.
La documentazione relativa alle patologie deve essere rilasciata da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, dal medico di medicina generale (medico di famiglia) oppure dal pediatra di libera scelta.
Il procedimento per la richiesta e per la concessione se non è disciplinato dal Contratto Collettivo relativo al settore in cui opera l’organizzazione presso cui si lavora, è disciplinato dallo stesso decreto ministeriale che prevede che il datore di lavoro sia tenuto, entro 10 giorni dalla richiesta del congedo, a esprimersi sulla stessa e a comunicarne l’esito al dipendente. L’eventuale diniego, la proposta di rinvio a un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati per concrete e oggettive esigenze organizzative e produttive. Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni.
In altre parole questo tipo di agevolazione, a differenza delle altre due (permessi mensili e congedo biennale retribuito per handicap grave) può non essere concessa dal proprio capo laddove non abbia modo di trovare dei lavoratori in sostituzione.
Il congedo non retribuito può essere utilizzato, per un periodo frazionato o continuativo fino a due anni nell’intera vita lavorativa. Il periodo viene conteggiato secondo calendario ed è comprensivo di giorni festivi e non lavorativi.
Nel periodo limite di due anni deve essere ricompreso anche il congedo retribuito per assistere persone in situazione di handicap grave (c.d. congedo straordinario).
Il limite di due anni è quindi un limite massimo individuale. Pertanto, se una lavoratrice o un lavoratore avesse, ad esempio, già fruito di 8 mesi di congedo per gravi motivi familiari, (anche) per motivi riguardanti la propria persona e non necessariamente per il figlio/a disabile, potrà usufruire del congedo straordinario retribuito per assistere il figlio disabile per soli 16 mesi e non per 24; gli 8 mesi rimanenti e retribuiti potranno esser fruiti dall’altro genitore qualora ne avesse i requisiti.

In sostanza, il limite di due anni del congedo straordinario retribuito è complessivo tra entrambi i genitori e tra tutti i fratelli in relazione a ciascun soggetto disabile grave. Se ne deduce che, nel caso di fruizione del congedo retribuito per il figlio/a disabile grave da parte di un solo genitore, questo stesso genitore si trova ad aver esaurito l’intero periodo spettante, sempre due anni, del congedo per gravi motivi di famiglia. Se invece entrambi i genitori, lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che privato, si dividono il congedo retribuito, ciascuno dei due mantiene il diritto alla propria parte rimanente di congedo ordinario non retribuito per gravi motivi di famiglia.
Il periodo di congedo per gravi motivi non è retribuito, non è coperto da contribuzione e non è computato nell’anzianità di servizio, ma ai fini previdenziali il lavoratore ha la possibilità di riscattarlo o di effettuare la prosecuzione volontaria
Alla luce delle caratteristiche peculiari di questo congedo possiamo dire che si tratta di uno strumento molto utile ai lavoratori che durante la loro vita lavorativa incontrano fasi di grave disagio sia personale sia dovuto alla cura di cui necessitano delle persone care.
Il mio consiglio è comunque quello di informarsi bene prima di presentare la domanda al proprio capo, in modo da essere pronti a contestare eventuali dinieghi motivati in modo superficiale.
Nella prossima tappa vi parlerò di un’altra agevolazione molto importante ma che sono in  pochi a conoscere come si applica, il c.d. divieto di trasferimento.
Un caro saluto ai nostri lettori e alla prossima!
Gaetano De Luca                       

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