Servitù di passaggio e accessibilità, come si legano tra loro

Scritto da Gaetano De Luca il 23-05-2011

l’accessibilità degli spazi in cui si svolge la nostra vita quotidiana costituisce oramai una condizione imprescindibile per poter vivere in libertà e autonomia e per poter esprimere pienamente la nostra personalità. Si tratta di un’esigenza che riguarda non solo le persone con una vera e propria disabilità motoria, ma anche tutti coloro che in una determinata fase della propria vita incontrano difficoltà negli spostamenti (signore in gravidanza, mamme con i passeggini, persone temporaneamente infortunate, persone che debbono trasportare borse e carichi pesanti, e così via).
Molti di noi sanno anche come l’accessibilità degli spazi (pubblici e privati) sia garantita da una complessa normativa anti-barriere che ha imposto nella progettazione il rispetto di determinate caratteristiche.
Le norme generali, però, incontrano ovviamente dei limiti laddove l’accessibilità di un luogo non dipenda esclusivamente dalle sue caratteristiche costruttive, ma sia legata anche al contesto sociale in cui il medesimo è inserito.
Il semplice rispetto delle prescrizioni tecniche, insomma, non sempre garantisce la concreta fruibilità di alcuni spazi, soprattutto quando l’accessibilità di un luogo dipende anche dalla collaborazione delle persone con cui entriamo in relazione, che possono male interpretare gli eventuali sacrifici necessari per consentire a chi ha difficoltà motorie di vivere una vita dignitosa.
Ecco quindi che può essere utile conoscere e utilizzare un istituto giuridico civilistico di tradizione romana: la servitù di passaggio coattiva. Si tratta di uno strumento concretamente poco conosciuto e utilizzato nella quotidianità metropolitana ma che ha, a mio parere, molte potenzialità in quanto può essere la chiave giuridica per risolvere una infinità di questioni anche all’interno dei nostri condomini.
Se sino a poco tempo fa questo istituto giuridico veniva utilizzato esclusivamente nei rapporti tra proprietari di fondi per consentire lo svolgimento dell’attività agricola e industriale, oggi è possibile utilizzarlo anche per garantire l’accessibilità degli spazi abitativi.
Questa possibilità è stata introdotta da una importantissima sentenza della Corte Costituzionale. Si tratta della sentenza del 10 maggio 1999 n. 167, con la quale è stata dichiarata incostituzionale la norma del Codice civile (articolo 1052) che riconosceva la possibilità di chiedere al giudice la costituzione di una servitù di passaggio a favore di un fondo solo per esigenze agricole o industriali. La Corte Costituzionale ha invece stabilito che, per considerare costituzionale questa norma, occorresse riconoscere la possibilità di concedere una servitù di passaggio anche per rispondere a esigenze di accessibilità degli edifici destinati ad uso abitativo.
La vicenda da cui è scaturita questa pronuncia vedeva protagonista una persona invalida civile al 100 %, proprietaria di un appartamento in condominio che aveva come unico accesso alla via pubblica una scalinata di 75 gradini. Dopo aver chiesto al proprietario confinante con il suo appartamento di poter passare attraverso l’orto di sua proprietà e dopo aver ricevuto un diniego, la persona si rivolgeva al tribunale con un ricorso d’urgenza chiedendo al giudice di imporre al proprietario confinante una servitù di passaggio.
Il giudice rilevava come in effetti le norme del Codice civile vigenti in quel momento non consentissero di dare rilevo alle esigenze di accessibilità e quindi ha sospeso e sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma sulla servitù di passaggio.
Con la sentenza sopra citata, la Corte Costituzionale ha non solo ritenuto possibile costituire una servitù di passaggio per consentire l’accesso alla via pubblica a una persona con disabilità, ma ha anche colto l’occasione per sancire una serie di principi giuridici fondamentali che oggi costituiscono la base giuridica per poter affrontare correttamente tutte le questioni che riguardano l’accessibilità degli spazi pubblici e privati.
In primo luogo, è stato evidenziato come l’impossibilità ad accedere alla via pubblica per una persona disabile si traduca in una lesione del diritto costituzionale a una normale vita di relazione che va considerata come un elemento essenziale per la sua salute.
Inoltre, e più in generale, la Corte ha sancito come l’accessibilità sia divenuta una caratteristica essenziale degli edifici privati di nuova costruzione destinati ad uso abitativo, quale conseguenza dell’affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere preventivamente ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone con problemi motori.
Particolarmente interessante e importante il passaggio in cui viene affermato: “La più recente legislazione relativa ai… disabili… in particolare la L. 13.89 e 104.1992 non si è limitata ad innalzare il livello di tutela in favore di tali soggetti, ma ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto allo stesso modo di affrontare i problemi delle persone con disabilità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da dover essere assunti dall’intera collettività”.
La Corte Costituzionale, nel momento in cui evidenzia come la normativa anti-barriere debba appilcarsi indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone con disabilità, afferma un principio giuridico importantissimo, ovvero che l’accessibilità non è riservata ai disabili, ma è un valore di tutti.
Comprensibilmente, il diritto alla servitù di passaggio può essere concretamente esercitato solo quando l’accesso alla via pubblica risulti inadatto o insufficiente e non ampliabile. Occorre cioè che gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche risultino in concreto impossibili, eccessivamente onerosi o comunque di difficile realizzazione. Solo a queste condizioni si può imporre ad altri proprietari un “peso” e un “sacrificio”. Questo significa che se l’accessibilità ad un luogo può essere ottenuta eliminando facilmente le barriere esistenti nel passaggio esistente, non si può pretendere di chiedere il passaggio sul fondo altrui, in quanto in questo caso il peso ed il sacrificio richiesto al proprietario vicino sarebbe considerato eccessivo e ingiustificato.
Insomma, il diritto a passare sul fondo altrui per poter accedere alla propria proprietà può essere imposto solo nel caso in cui costituisca l’unica concreta possibilità.
I principi affermati dalla Corte Costituzionale in tema di servitù di passaggio possono e devono essere utilizzati anche per risolvere molte delle questioni relative ai rapporti tra condomini.
Un esempio concreto è il passaggio con autovetture su un area di proprietà condominiale non adibita ordinariamente a questo scopo.
Ma ci sono in realtà numerose altre situazioni in cui si potrebbero applicare questi principi, nei casi in cui il sacrificio richiesto agli altri proprietari non consista in un vero e proprio passaggio, ma nel “sopportare” un utilizzo particolare delle parti comuni (ad esempio: la necessità di lasciare la carrozzina elettrica nell’androne quando per le sue dimensioni non è possibile farla entrare nell’ascensore).
In definitiva, l’Istituto della servitù di passaggio, così come modificato dalla Corte Costituzionale, può costituire un utile strumento giuridico concreto da utilizzare ogni volta in cui i nostri vicini di casa ritengano ingiusto subire sacrifici ai loro diritti di proprietà e si oppongano a venire incontro alle esigenze di accessibilità.

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