Il congedo retribuito di due anni

Scritto da Gaetano De Luca il 28-09-2011

Il nostro viaggio attraverso le agevolazioni lavorative concesse ai lavoratori che si trovano ad assistere e ad aiutare i propri cari privi di autonomia prosegue.
Dopo aver illustrato nel mio precedente articolo come poter ottenere ed usufruire dei tre giorni mensili di permessi, questo mese vi spiegherò come funziona e come sia possibile ottenere un congedo di due anni.
Il congedo biennale retribuito costituisce un’agevolazione lavorativa molto importante per poter assistere i propri parenti in gravi condizione di salute. Essa è stata introdotta da una legge del 2000, la Legge 388/2000 (articolo 80, comma 2),
la cui disciplina è poi confluita nell’articolo 42 decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità).
Questa normativa, originariamente, dava l’opportunità ai lavoratori genitori di persone con handicap grave di usufruire di due anni di congedo retribuito per poter assistere i propri figli portatori, appunto, di gravi disabilità.
l’agevolazione lavorativa era quindi riconosciuta per assistere solo i figli, e non altri parenti (come invece avviene per i permessi della Legge 104). Solo in caso di “scomparsa” dei genitori, la legge prevedeva che tale congedo potesse essere riconosciuto anche ai lavoratori fratelli o sorelle conviventi con la persona in condizioni di handicap grave. La condizione era pertanto che entrambi i genitori fossero “scomparsi”.
Negli anni successivi, grazie ad una serie di sentenze della Corte Costituzionale, la platea di potenziali beneficiari di questo congedo retribuito è stata notevolmente ampliata.
Con una prima sentenza (n. 233/2005) il Giudice delle Leggi (2) ha ritenuto incostituzionale la normativa originaria nella parte in cui limitava la concessione del beneficio ai fratelli solo in caso di scomparsa dei genitori, e non anche quando i genitori, pur se vivi, non fossero materialmente in grado di prestare l’assistenza necessaria per problemi di salute.
Dopo questa sentenza pertanto i fratelli e le sorelle hanno potuto cominciare ad usufruire del congedo non solo in caso di morte dei genitori, ma anche nel caso in cui entrambi fossero divenuti inabili.
Con una seconda sentenza (158.2007) la Corte Costituzionale (3)  ha ritenuto incostituzionale la normativa originaria nella parte in cui non consentiva anche al coniuge convivente con la persona in condizione di handicap di usufruire di questa agevolazione lavorativa.
Infine con una terza sentenza (19.2009) la Corte Costituzionale (4) ha dichiarato la incostituzionalità della normativa originaria nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.

Pertanto dopo questa sentenza  anche i lavoratori – figli che assistono i propri genitori con handicap grave, sino a quel momento esclusi dal beneficio, hanno potuto ottenere il riconoscimento dei due anni di congedo retribuito, a condizione che vi sia una effettiva convivenza e che non vi siano altre persone idonee a prendersi cura dei propri genitori.
La disciplina del congedo biennale retribuito così come già modificata dalle tre sentenze della Corte Costituzionale è stata infine rivista proprio questa estate con la definitiva approvazione del Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119.
La riforma del 2011 se da una parte ha confermato i beneficiari  previsti dalla normativa originaria (integrata dalle sentenze della Corte Costituzionale),
ovvero i genitori, fratelli e sorelle, coniuge e figli, ha dall’altra introdotto un sistema di accesso nuovo, fissando condizioni diverse di priorità nell’accesso ai congedi.
Oggi occorre quindi tenere conto che esiste un ordine di priorità ben preciso: coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle.
Per l’assistenza di una persona in condizioni di handicap grave la normativa vigente pertanto impone di verificare innanzitutto se esista un coniuge convivente in grado di prestare assistenza. Se esiste sarà solo lui che può chiedere il congedo di due anni.
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, il diritto al congedo è riconosciuto al padre o alla madre (anche se non conviventi con il figlio).
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre il diritto al congedo spetta a uno dei figli conviventi.
Se anche i figli conviventi sono deceduti, mancanti o invalidi il beneficio viene riconosciuto a uno dei fratelli o delle sorelle conviventi.

assistenza

La condizione fondamentale per poter usufruire di questo congedo è che il proprio caro da assistere abbia una certificazione di handicap grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 Legge 104.1992. Si tratta della stessa condizione medico-legale richiesta per poter ottenere i 3 giorni mensili di permesso.  La condizione di gravità consiste di fatto nella mancanza di autonomia e quindi proprio nella necessità di assistenza continua.
E’ importante sapere che per ottenere queste agevolazioni lavorative non è sufficiente avere la certificazione di invalidità al 100 %. Occorre proprio la certificazione di gravità dell’handicap, che è un’altra cosa.
La seconda condizione richiesta dalla vigente normativa è la convivenza, salvo il caso in cui il congedo sia richiesto dai genitori lavoratori per assistere i propri figli. Una recente circolare del Ministero del Tesoro (Circolare 18 febbraio 2010, Prot. 3884) ha definitivamente chiarito il requisito della convivenza, specificando che sia il disabile che il soggetto che lo assistite devono avere la residenza nello stesso Comune, presso lo stesso indirizzo (ovvero lo stesso numero civico) anche se in interni diversi.
Una terza condizione è che il parente da assistere non sia ricoverato a tempo pieno. Su questo requisito però la recente riforma del 2011 ha introdotto una possibilità di deroga, nel caso in cui sia la stessa struttura sanitaria a richiedere la presenza del familiare.
Come per i permessi, per poter usufruire del congedo biennale occorre presentare una domanda al proprio datore di lavoro. Le modalità di richiesta variano a seconda che il lavoratore sia pubblico o privato. Nel caso di lavoratore privato la richiesta al proprio datore di lavoro deve essere preceduta dalla compilazione di un modulo Inps. l’Inps dopo aver effettuato una verifica sulla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, esprime il proprio consenso. Nel caso di lavoratore pubblico invece la domanda va presentata direttamente alla propria amministrazione di appartenenza che provvederà a verificare la sussistenza dei requisiti.
Durante il periodo di congedo (che peraltro può essere chiesto in modo frazionato) il lavoratore continua a ricevere la retribuzione (con oneri a carico del proprio ente previdenziale),
ma occorre anche sapere che non si maturano ferie, tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto.

Come potete vedere questa agevolazione lavorativa rappresenta un prezioso strumento che consente di conciliare la vita lavorativa con le esigenze di cura e di assistenza dei nostri cari.

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