Oggetti Facili per usi Difficili

Scritto da Giovanni Del Zanna il 18-10-2012

Nella routine della vita quotidiana usiamo spesso degli oggetti. Alcuni li chiamiamo “ausili”, altri li chiamiamo “utensili”. Approfondendo il binomio “design e disabilità” – di cui abbiamo già parlato – cerchiamo di approfondire per capire il senso (o il “non senso”) di questa distinzione e di scoprire come molte volte le persone trovano soluzioni di “design spontaneo” che riesce ad andare al di là delle soluzioni proposte dai produttori.
Fin dalle epoche remote, prima della storia scritta, l’uomo ha dedicato tempo, energia, creatività per costruire oggetti che gli fossero utili per le attività della vita: una freccia per cacciare, una pietra affilata per tagliare, un pestello per schiacciare, una corda per legare.
Ancora oggi chiamiamo questi oggetti utensili (perché si usano, ci sono utili). Un utensile ci permette di compiere un’azione in modo agevole, come minor sforzo, sfruttando al meglio le funzionalità del corpo umano (che si tratti di un cacciavite, un binocolo o una bicicletta). Ma la stessa definizione non la potremmo applicare anche per gli ausili?
La parola “ausilio” deriva dal latino “auxilium” a sua volta derivato dal tema di “augere” (= accrescere) con il significato di aumentare, rafforzare. Se la funzione dell’ausilio è quella di aumentare e rafforzare allora non c’è distinzione sostanziale tra ausilio e utensile.
Nel quotidiano però incontriamo oggetti/ausili non molto gradevoli, dal “gusto” ospedaliero, legati spesso all’immagine del mondo sanitario. Oggetti molto distanti (come immagine, come prezzo, come distribuzione) dal mondo degli utensili, siano essi casalinghi, attrezzi o strumenti di lavoro.
Per scardinare questa distinzione artificiosa, possiamo iniziare con prendere in esame al mostra “Oggetti Facili per usi Difficili” – curata da Professionisti per l’Accessibilità in occasione di Exposanità 2012.
Una mostra che in linea con le precedenti edizioni – “Come ti vorrei…” approfondisce i temi relativi a “Design e Disabilità”. Ma attenzione, non una mostra di progetti nuovi, di creatività e inventiva di designer in fermento, al contrario una mostra – leggera e di facile lettura – per riflettere su oggetti di uso quotidiano che spesso abbiamo tra le mani e che possono essere usati in modo anche differente.
Anche per questo la mostra non è stata curata solo da progettisti, ma è stato fatto un lavoro di gruppo che ha coinvolto oltre ai progettisti (architetti e designer) anche alcuni terapisti occupazionali (t.o.).
Determinate, infatti, il supporto dei terapisti occupazionali che hanno una formazione di stampo sanitario e nella loro professione di ergoterapisti seguono direttamente le persone con disabilità per individuare le modifiche ambientali (in termini di ausili o strategie) per migliorare l’autonomia delle persone nello svolgere le attività della vita quotidiana. Dalla loro esperienza sono emerse le diverse soluzioni di oggetti che, utilizzati anche in modo diverso rispetto a quello per cui sono stati progettati, riescono a rispondere a particolari esigenze delle persone.
Nel riflettere sul binomio ausili/utensili, pensando al mondo degli oggetti “sanitari” e contemporaneamente a quello degli oggetti “casalinghi” la mostra si interroga sul significato di design, per scoprire la sua dimensione progettuale e le potenzialità che può avere nella definizione di oggetti utili all’uomo. Nella logica del progetto per l’Utenza Ampliata gli oggetti dovranno essere pensati per tutti, o meglio, per il maggior numero di persone, proprio a partire dalle esigenze di chi ha maggiori difficoltà.
La mostra prende spunto da alcuni oggetti “comuni”, oggetti che tutti conosciamo, oggetti che utilizziamo nella quotidianità. In alcuni casi, proprio con il supporto degli ergoterapisti, questi oggetti vengono utilizzati in modo “originale” sfruttando le loro caratteristiche e, con un po’ di creatività, utilizzandoli in modo proprio o “improprio” per rispondere alle esigenze delle persone che hanno particolari esigenze. Vediamo qualche esempio.
Come si fa a giocare a carte se le nostre mani non funzionano più bene? Sembrerebbe impossibile. Invece può bastare un supporto adatto per tenere le carte (ad esempio se una sola mano funziona bene). Serve un oggetto speciale? No, basta un metro di legno, oggetto che tutto conosciamo, appoggiato sul tavolo, con le sue bacchette affiancate l’una accanto all’altra offre delle fessure in cui facilmente appoggiare le carte. 
Lo spazzolino con ventosa lo possiamo trovare anche al supermercato: un oggetto un po’ giocoso, per invogliare i bambini a lavarsi i denti. Allo stesso tempo la semplice ventosa diventa la soluzione risolutiva per chi ha difficoltà alle mani, difficoltà di coordinamento o un solo braccio. La ventosa si “appiccica” al muro sulle piastrelle del bagno, quale soluzione migliore per riuscire, con una mano sola, a stendere il dentifricio. Una soluzione semplice e funzionale che può permettere a molti di essere più autonomi in un’operazione di cura della persona che tutti effettuiamo almeno due volte al giorno.
Stendere il bucato, operazione base della casalinga. A volte, però, le mollette per i panni risultano dure da aprire con la pressione delle dita. Come fare? Sarà necessario comprare mollette speciali? Anche in questo caso la creatività degli ergoterapisti ha trovato una soluzione creativa che riesce ad aggirare il problema: pensiamo alle mollette di legno, ne prendiamo due, a una di queste togliamo la molla e la smontiamo e, ribaltando i due elementi, le incolliamo alla molletta intera, per prolungare le due impugnature. Così, con una leva più lunga, la forza necessaria risulta ridotta. Le stesse mollette, quelle comuni, usate in modo differente.
Girare la chiave nella toppa sembra l’operazione più facile del mondo, ma non per tutti è così semplice. Indice e pollice devono avere una buona “presa a pinza” per afferrare la chiave, si deve riuscire a centrare la serratura e poi ruotare il polso per far girare la chiave. Una serie di operazioni complesse. Una soluzione originale, esempio di design spontaneo, consiste nell’utilizzare un normale moschettone, quelli che di solito servono come porta chiavi. La chiave, però, viene incastrata nel perno mobile in modo da essere montata a 90° rispetto al moschettone che, in questo caso, può fare da leva per agevolare l’azione di rotazione della chiave stessa.
Cosa c’è di più comune di una bottiglia d’acqua? Una bottiglia (o bottiglietta da mezzo litro) in plastica, con il tappo zigrinato. Per molti è difficile svitare il tappo, spesso i nonni chiedono a qualcuno di farlo per loro (“me lo stappi per favore?”). Se poi si tratta di acqua gasata, in pressione, l’apertura del tappo è ancora più difficile. Un piccolo oggetto in plastica, una pinza zigrinata, è l’utensile che fa il caso nostro. Si tratta di un unico pezzo in plastica, semplice, ma di buon design. Forse proprio per questo non viene considerato un “ausilio”, ma un piccolo casalingo, che possiamo trovare appeso nei dispenser del supermercato a meno di un euro.
Design e creatività mostrano il loro lato positivo, segno della capacità dell’uomo di trovare soluzioni anche alle difficoltà di chi ha una qualche disabilità. Abbiamo visto soluzioni semplici e un po’ “artigianali” ma che ci fanno capire come sia possibile avere a disposizione “oggetti facili” che possono semplificare la vita di tutti i giorni.
 

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