Eliminare le barriere in edifici situati in zona sotto vincolo storico o ambientale – cosa dice la legge e come procedere

Scritto da Gaetano De Luca il 01-07-2013

Quali sono le regole da seguire quando si vuole eliminare delle barriere architettoniche in un edificio inserito in una zona sotto vincolo paesaggistico? Quali sono gli aspetti su cui porre particolare attenzione quando vogliamo installare anche un semplice servoscala per poter rendere accessibile la nostra casa sottoposta a vincolo storico?
In questo articolo verrà affrontato il difficile e complesso rapporto tra la normativa che tutela il patrimonio storico, artistico ed ambientale e la specifica normativa che regolamenta l’abbattimento delle barriere architettoniche con lo scopo di comprendere come muoversi quando vogliamo installare ad esempio un semplice servoscala in un edificio sottoposto a vincolo storico-ambientale.
Il punto da cui partire è costituito dai principi espressi dalla nostra Costituzione che nel suo articolo 9 esplicitamente stabilisce: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
La formulazione di questo principio comporta che il diritto a poter vivere in un ambiente accessibile e privo di barriere – anch’esso di rilevanza costituzionale – deve giocoforza essere esercitato tenendo conto della tutela di altri beni, in questo caso dei beni paesaggistici e dei beni storici ed artistici.
Quando un bene o un determinato luogo ha un particolare valore storico o ambientale il nostro ordinamento giuridico lo sottopone infatti ad un particolare regime ponendolo sotto vincolo e tutelandolo da interventi che possano comprometterne la sua integrità.
Questo non significa che su tali beni sia assolutamente impossibile effettuare degli interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere, ma comporta che ogni intervento deve essere sottoposto ad una attività di controllo e di verifica da parte degli enti pubblici competenti in materia di tutela storica e ambientale.
In altre parole per effettuare qualsiasi intervento su questi beni anche se finalizzato ad abbattere una barriera architettonica e quindi finalizzato ad esercitare un diritto altrettanto tutelato e di rilevanza costituzionale (come quello dell’accessibilità), occorre valutare e verificare che non vengano creati pregiudizi.
Il quadro normativo di riferimento in questo campo, oltre ai principi costituzionali, è costituito principalmente dalla normativa ordinaria di tutela dei beni storici e ambientali contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42) e dalla normativa speciale in materia di eliminazione delle barriere architettoniche (Legge 13.1989 e art. 24 Legge 104.1992).
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede in primo luogo una regola generale, ovvero che l’esecuzione di qualsiasi opera sui beni storici e paesaggistici deve essere soggetta ad autorizzazione dell’ente pubblico competente (Soprintendenza e/o Comune a seconda delle Regioni).
Questo vale anche per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche. Infatti anche la specifica normativa contenuta nella Legge 13.1899 prevede il rilascio di un’autorizzazione, sia per i beni storici che per quelli paesaggistici.
Ovviamente la necessità dell’autorizzazione può venire meno nel caso in cui l’intervento anti-barriere sia effettuato all’interno dell’appartamento, ad esempio con l’installazione di un servoscala senza alcun impatto concreto con i valori paesaggistici o storici tutelati. Diverso sarebbe ovviamente il caso in cui l’intervento sia effettuato all’esterno in corrispondenza dell’ingresso di un edificio, in quanto in tal caso occorre comunque valutarne l’impatto sul contesto architettonico o paesaggistico.
L’aspetto giuridico che può maggiormente interessare i nostri lettori in questo settore, è quello relativo alla particolare procedura che la normativa anti-barriere (Legge 13.1989) ha previsto in deroga all’ordinario regime stabilito dal Codice dei beni culturali.
Infatti nel caso di interventi finalizzati all’abbattimento di barriere architettoniche effettuati in edifici soggetti a vincolo storico o paesaggistico se gli enti competenti al rilascio dell’autorizzazione non provvedono entro il termine stabilito (90 giorni per i beni paesaggistici e 120 per i beni storici) dalla presentazione della domanda, la mancata pronuncia equivale ad assenso. Si tratta di una rilevante deroga al regime ordinario. Infatti nel caso in cui l’opera da realizzare non fosse finalizzata all’accessibilità l’inerzia dell’ente pubblico competente nel rispondere all’istanza di autorizzazione potrebbe essere contestata solo attraverso un ricorso in Tribunale.
La Legge 13.1989 prevede inoltre che l’autorizzazione possa essere negata solo ove sia impossibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato. Questo significa che per poter davvero inibire un intervento l’ente pubblico competente deve riscontrare una grave compromissione dei valori storici e paesaggistici. Non sarebbe pertanto sufficiente un pregiudizio “normale” a giustificare un diniego, come nel caso di richiesta di autorizzazione per qualsiasi altra opera.
La normativa anti-barriere (art. 4 comma 5 Legge 13.1989) infine stabilisce che un eventuale diniego deve essere motivato specificando la natura e la serietà del pregiudizio, nonché la sua rilevanza in rapporto al contesto in cui l’opera si colloca. In altre parole l’ente pubblico competente non può limitarsi a non autorizzare l’opera con motivazioni generiche, ma deve argomentare dettagliatamente la gravità dell’eventuale pregiudizio.
Dal quadro normativo sin qui illustrato emerge chiaramente come il nostro legislatore abbia voluto introdurre una specifica tutela delle persone con disabilità ed in generale delle persone con problemi motori anche nel caso in cui il problema dell’accessibilità coinvolga beni di particolare valore storico ed ambientale.
L’esistenza di una normativa particolarmente tutelante però purtroppo non evita l’insorgere di contenzioso e di conflitti. In questo campo infatti sono frequenti i casi in cui è stato necessario richiedere l’intervento dei Tribunali Amministrativi per dirimere il contrasto che si era venuto a creare tra esigenze di accessibilità e esigenze di tutela del patrimonio storico ed ambientale.
In una recente sentenza (n. 146.2012) il Tar Campania ha ricordato come la Soprintendenza per poter negare l’autorizzazione debba fornire una motivazione approfondita in ordine alla rilevanza del pregiudizio arrecato al bene tutelato.  In questo provvedimento il Tribunale analizza il rapporto tra normativa di tutela ambientale e normativa sulla accessibilità evidenziando come la normativa anti-barriere prenda specificamente in considerazione l’interesse della persona con disabilità a svolgere una normale vita di relazione anche nel caso in cui l’immobile ove risiede sia sottoposto a vincolo.
Nel caso in cui poi le autorizzazioni non possano essere concesse a causa del serio pregiudizio dell’intervento, il nostro ordinamento cerca di realizzare un equilibrato bilanciamento dei diversi interessi costituzionalmente rilevanti e potenzialmente in conflitto con una norma di chiusura che prevede una soluzione operativa. La Legge 104.1992 nel suo articolo 24 prevede infatti che in questi casi il superamento delle barriere architettoniche può essere comunque realizzato con opere provvisionali. Questo significa riconoscere in ogni caso la possibilità di installare ad esempio delle pedane mobili in quei luoghi dove altre soluzioni sarebbero considerate troppo pregiudizievoli.  Quanto invece alla possibilità di poter installare un servoscala senza l’autorizzazione della Soprintendenza, ritenendo di poter ricondurre questo tipo di intervento al concetto di opera provvisionale, non vi sono certezze. Infatti molte amministrazioni pubbliche ritengono che il servoscala, pur trattandosi di un opera rimovibile, alteri in ogni caso l’aspetto esteriore dell’edificio, per cui, se installato all’ingresso esterno di una casa, richiede ugualmente l’autorizzazione. Ovviamente la concreta possibilità di installare un servoscala con o senza autorizzazione della Soprintendenza dipende dal concreto contesto in cui ci si trova.
Recentemente ho avuto modo di seguire un caso in cui l’amministrazione comunale ha impedito l’installazione di un servoscala all’ingresso di un edificio condominiale posto in una zona a vincolo ambientale, in quanto le persone interessate avevano eseguito l’intervento senza presentare alcuna istanza di autorizzazione al Comune, credendo che non fosse necessaria e fosse sufficiente semplicemente l’autorizzazione dell’assemblea condominiale. In realtà la stessa normativa anti-barriere non prevede alcuna deroga al principio della necessità dell’autorizzazione storico-paesaggistica. Insomma ogni qualvolta si effettuino degli interventi su questa particolare tipologia di bene, occorre sempre l’autorizzazione storico-paesaggistica, che non va in alcun modo confusa con il generale titolo edilizio abilitativo.
Un ulteriore aiuto in favore delle esigenze di accessibilità anche in contesti tutelati ci può infine arrivare dalla recente normativa antidiscriminatoria (Legge 67.2006),  la quale in ogni caso non consente situazioni di esclusione e di non partecipazione causate dalla presenza di qualsiasi tipo di barriera. I principi antidiscriminatori impongono pertanto di trovare sempre una soluzione ragionevole (c.d. accomodamento ragionevole) per evitare che una persona con problemi motori possa essere esclusa da alcuni contesti per motivi legati alla tutela del patrimonio storico e ambientale.

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