Vita felice nel condominio... accessibile!

Scritto da Giovanni Del Zanna il 16-02-2011

Chi vive in condominio lo sa: la condivisione regala gioie e dolori. I momenti più drammatici, in genere, si verificano quando sono necessari lavori nella nostra proprietà che però richiedano l’approvazione degli altri condomini, per esempio nel caso dell’abbattimento delle barriere architettoniche.
Come già sottolineato altre volte, la questione “accessibilità” non riguarda solo le persone in carrozzina. Di solito, invece, quanti la ritengono una qualità del costruito? Ci rendiamo conto che un condominio più accessibile, più fruibile, risulta più comodo per tutti? Percepiamo che la qualità ha un valore e che un condominio accessibile vale di più proprio perché “ha un marcia in più”, soprattutto in caso di bisogno (provvisorio o duraturo) per noi o per un nostro familiare (magari semplicemente per un nonno che deve venire a casa a trovarci per le feste)?
Possiamo considerare che ci siano due tipi di interventi per l’accessibilità nei condomini: quelli richiesti da una perdona interessata, che ha un problema specifico e chiede al condominio di intervenire e quelli, più illuminati, in cui è il condominio stesso a farsi promotore di adeguamenti che puntano a migliorare, per tutti, il grado di fruibilità delle parti comuni.
Analizziamo le due situazioni nel dettaglio.
La maggior parte delle volte si arriva a un intervento di accessibilità per necessità. Mutate condizioni di salute, qualche imprevisto della vita, gli anni che avanzano: situazioni che possono cambiare le capacità (nostre, dei nostri familiari o delle persone con cui viviamo) di spostarsi e muoversi.
L’adeguamento dell’alloggio può essere realizzato senza alcun permesso da parte del condominio, proprio perché le opere vengono eseguite sulla “proprietà privata”.
Differente è invece quando abbiamo l’esigenza di intervenire sulle parti comuni: anche se abbiamo un problema evidente e oggettivo, non possiamo agire in modo autonomo, senza chiedere il parere del condominio.
La normativa (si veda il primo box in basso) – avendo ben presente come si articolano le vicende condominiali – agevola la persona che ha una difficoltà, semplificando l’iter di approvazione.
Queste sono le fasi in cui può articolarsi una domanda di intervento per migliorare l’accessibilità:

Riassumendo: l’interessato è tenuto ad avvisare e a chiedere il consenso del condominio, ma anche in caso di risposta negativa può intervenire, a sue spese, con interventi che, da un lato permettano una “reversibilità” e dall’altro non rechino “danno” agli altri condomini.
Infatti, se da un lato viene agevolata la persona interessata, dall’altro viene fatto un preciso richiamo al Codice civile (si veda il secondo box in basso) per dire che l’intervento non deve compromettere la stabilità e la sicurezza dell’immobile, limitare la godibilità delle parti comuni agli altri condomini e alterare il “decoro architettonico“.
Se è evidente che l’intervento di adeguamento non deve compromettere la statica dell’edificio o la sua sicurezza, la limitazione dell’uso delle parti comuni e la compromissione del decoro architettonico, sono invece argomenti che lasciano ampio spazio a interpretazioni e a contenziosi.
Così, quello che può fare la differenza, molte volte è il buon senso del condominio nel capire l’esigenza della persona che ha difficoltà o, al contrario, il puntiglio giurisprudenziale di alcuni che, pur di cercare argomenti per “attaccar briga” sono capaci di appigliarsi alle interpretazioni normative più ardite.
Cosa si può fare prima di arrivare allo scontro duro e mettere le cose in mano agli avvocati? L’esperienza ci dice che, per quanto non facile, c’è la possibilità di trovare un percorso di coinvolgimento che porti a una soluzione positiva.
Possiamo partire dal presupposto, che la normativa permette comunque all’interessato di intervenire. Ma invece di andare giù in modo “duro”, è bene cercare comunque un coinvolgimento degli altri condomini, o almeno di un gruppo – che può diventare maggioranza – che può essere più vicino alla nostra posizione ed è in grado di comprendere le nostre esigenze.
Un buon progetto, l’intervento di un esperto in materia di accessibilità, la capacità di prospettare diverse soluzioni (e di visualizzarle) permettono di articolare la proposta: non una proposta al buio, ma la scelta del condominio sulla base di indicazioni precise, magari di un rendering che mostra come verrebbe la soluzione di intervento.
In questi casi, inoltre, può essere importante non puntare sulla soluzione più semplice ed economica, ma spingersi a pensare soluzioni più definitive, soluzioni che rappresentino realmente un adeguamento del condominio (e non solo una soluzione tampone per la persona con disabilità) per far capire che l’accessibilità avvantaggia tutti.
Così, anche per la spesa, si possono trovare soluzioni di compromesso: se si spende di più, una parte la paga la persona interessata, l’altra si divide fra tutti.
Conosciamo tutti i condomini e sappiamo che non è facile. Eppure possiamo provare a cambiare le cose. Perché non fare un tentativo di “mediazione” prima di affrontare i problemi a “muso duro”, perché non essere propositivi e convincere della positività delle soluzioni di accessibilità?
L’esperienza di molti anni in questo campo ci dice anche che ci sono condomini che decidono di migliorare l’accessibilità, anche in assenza di un problema particolare. Si guarda avanti negli anni, ci si accorge che le persone invecchiano e che soluzioni di adeguamento offrono a tutti una migliore fruibilità: percorsi più comodi e sicuri.
In concreto, cosa si può fare? Quali sono gli interventi realizzabili? Ogni contesto ha le sue caratteristiche, non è sempre facile generalizzare. Vediamo però una casistica di interventi.

Che cosa dice la legge 13/1989
1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche […] nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.
2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage.
3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del Codice civile.

Che cosa dice l’articolo 1120 del Codice Civile sulle “Innovazioni”
Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Che cosa dice l’articolo 1121 del Codice civile sulle “Innovazioni gravose o voluttuarie”
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.

Che cosa dice l’articolo 1136 del Codice civile sulla “Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni”
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli interventi e almeno la metà del valore dell’edificio (nella prima convocazione, ndr).
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

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